mercoledì 18 febbraio 2015

Guerra alla Libia contro i fanatici ? Avessimo avuto i nostri ascari e meharisti...


              Guerra alla Libia contro i fanatici ? Avessimo avuto i nostri ascari e meharisti...

Si parla ormai apertamente di "guerra" alla Libia, o a quell'agglomerato di ribelli estremisti islamici, detto Isis, che si è da qualche mese installato a Derna, nella regione di Cirenaica e pare anche a Tripoli, nel caos della fine della dittatura di Gheddafi, come si sa "promozionata" da Francia e alleati, fra cui i nostri itali aerei. La storia ritorna, si ripete, per chi la conosce. Nel 2011 all'atto dei bombardamenti "liberatori" su Tripoli e Bengasi dei nostri apparecchi, ricordammo che la prima operazione di aviazione leggera di bombardamento al mondo, fu attuata dall'allora governo di Sua Maestà il Re d'Italia, primo ministro Giolitti, con il bombardamento della capitale tripolina, nell'ottobre 1911. Ciò non giovò tanto perchè dopo averla occupata, il 23 ottobre di quell'anno, mentre nella nostra Patria (e soprattutto fra la sinistra, i socialisti: uno solo, anzi due, si opposero fermamente a quella guerra e vennero arrestati: si chiamavano Benito Mussolini e Pietro Nenni... poi le cose si misero diversamente...) si inneggiava al buon arabo e a "Tripoli bel suol d'amore", gli infidi libi travestiti da pastori, massacravano crudelmente 500 nostri bersaglieri, comandati dal colonnello Fara, a Sciara Sciat, alle porte della città. E' stato il primo impatto feroce di una guerra che fu, ed è oggi pure, guerriglia spietata. Però ai tempi si capì subito che per contrastare la subdola acquiescenza delle popolazioni libiche, servivano truppe speciali, e noi le avevamo perchè reduci da lunghe campagne coloniali nell'Affrica orientale, in Eritrea e Somalia: erano gli ascari, i dubat e i meharisti. Vai a spiegare ai giovani d'oggi, che quei neri eritrei e somali si facevano letteralmente ammazzare per l'onore (sì, l'onore...) del tricolore d'Italia, e così fecero anche in Libia. E vai a precisare, oltre la tronfia retorica post-gheddafiana (che giustamente fu spazzata via nell'autunno 2011 quando La Russa, ministro della Difesa, si sentì dire dal premier libico che "non dimenticheremo mai i benefici fatti dall'Italia alla Libia durante il periodo coloniale"), che furono proprio reparti di meharisti, ovvero soldati locali libici in groppa al cammello, a catturare nel 1931 il guerriero ribelle Omar el Muchtàr, che venne impiccato dalle autorità italiane per aver ucciso e seviziato nostri soldati, poco dopo. Vai a precisare, nell'Italia tarlata dalla dimenticanza storica del 2015, che un certo generale Antonio Cantore, genovese, alpino, già a Bengasi, guidava gli ascari prima della grande guerra nelle più aspre battaglie contro i ribelli libici e la Senussìa (una confraternita religiosa che poi assurse al Regno di Libia con Idriss nel 1951: sia detto chiaro, e noi lo scrivemmo qui: se le potenze dell'Europa e gli Stati Uniti, subito dopo l'abbattimento del dittatore quattro anni fa, avessero rimesso sul trono il nipote di Idriss, il Senusso che oggi vive a Londra, e magari data in gestione militare la situazione al generale Haftar, non ci sarebbe stato il pericolo degli assassini fanatici di oggi: la Monarchia unisce, la repubblica, la si chiami jamahirìa in libico, divide sempre... lo disse già un grande siciliano pure spietato, Crispi); e che un certo Maresciallo ed eroe coloniale che si appellò Rodolfo Graziani (figura di cui l'Italia militare avrebbe oggi bisogno più che mai, ma non risulta vi sia...) fu l'unico a pacificare la colonia libica. Con mezzi spietati e perversi, siamo d'accordo: presi per fame, accerchiati dal filo spinato, fucilati i ribelli senza pietà. Ma come volete in altro modo piegare chi, allora mutilava di mani e gambe senza pietà i soldati, e oggi li brucia nella gabbia (siamo sempre lì...)? Un grande siciliano, il colonnello Castagna, resistette eroicamente nell'oasi di Giarabub durante il secondo conflitto mondiale, nel 1941 (celebre la canzone "la sagra di Giarabub"); mentre fu per la eleganza e lo stile brillante di un grande condottiero che riposa l'eterno sonno ancora in terra d'Affrica, Amedeo di Savoja Duca d'Aosta (allora Duca delle Puglie), che si compì la conquista del lontanissimo Fezzan, nel sud libico (ove pare oggi siano operanti commandos francesi e ciadiani per contrastare il terrorismo islamista), come dell'oasi di Cufra, nel 1930-31. Su questa impresa leggendaria il regime di allora girò nel 1936 (vincitore della coppa Mussolini al festival di Venezia) uno splendido film, che la codarda tv non fa conoscere ma che dovrebbe essere trasmesso in prima serata, "Lo squadrone bianco"  (regia di Augusto Genina -che poi avrebbe girato "L'assedio dell'Alcazar", "Bengasi" e nel dopoguerra "Il cielo sulla palude", biografia di Santa Maria Goretti), epopea della nostra guerra coloniale con fotografie meravigliose del deserto affricano.
    Allora l'Italia era grandemente rispettata nel mondo perchè ebbe un nerbo saldissimo di esercito che sapeva contrastare qualunque ribellione: quello coloniale, ascari eritrei e somali (detti dubat), zaptiè (carabinieri somali: uno di costoro poi lo "creammo" Presidente nel 1969, si chiamava Siad Barre...), e soprattutto meharisti, durissimi e resistentissimi guerrieri delle bande delle tribù libe (le prime furono le cosiddette "bande del Ghariàn"), che conoscevano il territorio come nessuno e sapevano con gli stessi mezzi, contrastare le avanzate e soprattutto le imboscate.
Questa è Storia, oramai non più letta con spirito di parte, ma con grande serenità: chi voglia consulti il volume, del 2002, "Squadrone bianco", del collega Domenico Quirico; oppure la biografia del Duca D'Aosta di Amedeo Tosti, oppure le ancor oggi validissime guide del Touring dei Possedimenti e colonie, degli anni 1929-1940 (all'epoca fiorì tutta una letteratura, cosiddetta coloniale: tra i tanti romanzi, ne rammentiamo uno bellissimo: "La sperduta di Allah", di Guido Milanesi, degli anni trenta): vecchie letture che rispolverammo in questi giorni bellicosi.    Certo possiamo comprendere che, dopo il termine "combattere in Libia" usato dal ministro degli Esteri Gentiloni, il Presidente del Consiglio Renzi ci vada cauto e "freni" politicamente, aspettando l'ONU (che poco potrà fare): forse qualcuno gli avrà sussurrato qualche storia fra quelle da noi accennate: del resto è da almeno due millenni, se si eccettua la dominazione dei Caramanli in Tripolitania e quella greca della Pentapoli cirenaica (secoli XVII e XVIII e anni VI-III prima di Cristo), che la Libia nel complesso ribolle nell'anarchìa. Tripoli venne occupata per quarant'anni da Carlo V nel XVI secolo ma poi cadde nuovamente, prima ci aveva pensato il normanno siculo Ruggero II, primo sovrano di uno stato unificato nazionale, con reggia a Palermo e sovranità sull'Italia meridionale, nel XII secolo; nel 1805 pure gli Stati Uniti, che ora sono silenti, occupavano Derna per imporvi un "amico", un Caramanli, da contrapporre al parente tripolino...fra l'altro Derna era famosa per essere stata rifondata da commercianti ebrei, e la presenza ebraica in Cirenaica era importante, ora svanita... ci fossero stati lì gli ebrei al governo, sarebbe stato diverso.  Con tutto questo ingombrantissimo passato, che pesa eccome sul futuro, si comprende la cautela del fiorentino capo del Governo: egli certo non dimentica di essere a palazzo Chigi senza una diretta legittimazione popolare (se si eccettuano le Europee, vinte sì dal PD ma che non sono le elezioni nazionali...).  E non crediamo che il governo Renzi, come fece il governo De Gasperi negli anni '40, possa rivendicare all'ONU l'amministrazione fiduciaria della Libia, come si scelse per la Somalia in quanto ex colonia (l'AFIS è ancora ottimamente ricordata nel corno d'Africa, nella bailamme somala, come ottimo esempio di buon governo.. allora però la Libia era in mano del governo inglese che scelse di installare una monarchia unita... ma chi ricorda che lo stesso Gheddafi studiò a Sandhurst nell'accademia britannica come ufficiale? Facile fare retorica...).
Insomma, per dirla in brevità, siamo nei guai fino al collo, in politica estera, con i tagliagole alle porte della Nazione, segnatamente da noi in Sicilia, e gli sbarchi che si susseguono (pare che a Sirte gli islamisti abbiano il controllo del rilascio passaporti, e i nostri servizi segreti dovranno certamente monitorare di più chiunque con documento libico si introduca anche legalmente in Italia...). Per fortuna, a scanso di tutti quei pacifisti della domenica e dei manifestanti dell'estrema sinistra (ma col portafoglio sempre a destra, avrebbe detto il buon Prezzolini...) contrari agli "yankee", c'è da decenni alle porte di Catania la base aeronavale statunitense di Sigonella. Volete mettere, per noi siciliani ( anche un po' legati alle tradizioni d'ogni genere), il conforto psicologico, e soprattutto logistico militare?
"Inshalla mabrùk", direbbe un mussulmano di cui ci fidiamo e che sta provvedendo ad "ammorbidire" la situazione libica, il presidente generale egiziano Abd el Fattah al Sisi, degno emulo del grande Nasser. E che il Supremo Artefice sia benevolo per tutti coloro che scelgono la fraternità in vece dell'odio.
                                                                                                                            F.Gio


Nelle immagini: sfilata di ascari a Roma innanzi Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III nel primo anniversario dell'Impero, 9 maggio 1937; la locandina del film "Squadrone bianco", 1936.



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