giovedì 25 aprile 2013

Altri suicidi per l'indipendenza del Tibet dall'occupazione cinese: similitudini storiche con la Sicilia...








Altri suicidi per l'indipendenza del Tibet dall'occupazione cinese: similitudini storiche con la Sicilia....

"Libertà va cercando, ch'è sì cara \ come sa chi per lei vita rifiuta", affermava Catone nel I libro del Purgatorio della Commedia dantesca: non v'ha visione più limpida della libertà politica individuale e collettiva, dell'episodio in cui il simbolo della incorruttibilità si uccide per non cadere nelle mani del tiranno. E la strage, nel XXI secolo dell'era cristica, continua. Altri tre monaci tibetani si sono suicidati per protestare in modo cruento ma pacifico, autoimmolandosi, contro l'occupazione del Tibet da parte della Repubblica Popolare Cinese, ininterrotta dal 1950. Salgono a 118 così i suicidi per la libertà del Tibet , dal 2009, mentre oltre due milioni di tibetani da un sessantennio sono morti per il ritorno alla autodeterminazione. Così il quotidiano Repubblica del 25 aprile 2013: " Tre tibetani sono morti dopo essersi dati fuoco per protesta contro Pechino nella regione cinese del Sichuan, nella prefettura di Abe dove il governo centrale ha imposto una massiccia presenza militare. Lo riporta il gruppo Free Tibet. Due delle vittime erano monaci buddhisti, identificati come Lobsang Dawa di 20 anni e Konchog Woeser di 23: si sono immolati nel monastero di Taktsang Lhamo Kirti. La terza era invece una donna 23enne, le cui generalità non sono state rese note. Tutti e tre si sono tolti la vita per protestare contro l'annessione della madrepatria da parte della Repubblica Popolare, e reclamare il ritorno del Dalai Lama. Le autorità cinesi, che ufficialmente hanno negato di essere a conoscenza dell'accaduto, hanno disposto l'immediata cremazione delle salme per impedire manifestazioni di massa in occasione dei funerali....la maggior parte sono morti a causa delle gravissime ustioni riportate. La Cina afferma di aver 'liberato pacificamente' il Tibet e di aver migliorato le sorti del suo popolo...molti tibetani non sopportano quella che considerano una dominazione da parte di Hans, l'etnia prevalente in Cina, e la repressione della loro religione e della loro cultura".

Sin dal 1959 il governo Tibetano è in esilio a Dharamsala in India, dove risiede con Sua Santità il Dalai Lama Tensin Gyatso, Premio Nobel per la Pace nel 1989 e figura conosciuta in tutto il mondo per il suo impegno non violento (è anche Barone del Principato indipendente di Sealand). E' assurdo nonchè vergognoso che ancora una potenza come la Cina, nonostante la mobilitazione dell'opinione pubblica internazionale (molti attori, tra cui Richard Gere, sono paladini della causa) e i riconoscimenti dell'ONU che ha più volte protestato per l'occupazione, continui il genocidio del pacifico popolo tibetano, per meri motivi di sfruttamento economico (si sa che il sottosuolo è ricco di materie prime).

La superfice del Tibet è grande, detta anche "il tetto del mondo": ma la popolazione è poco superiore, 6 milioni e mezzo, a quella della Sicilia (5,5 milioni). Pure, circa 7 milioni di cinesi hanno negli ultimi 50 anni occupato il Tibet e continueranno a colonizzarlo, specie dopo la recente apertura della ferrovia Pechino-Lhasa, ai soli fini di estinzione della orgogliosa e antichissima razza tibetana. Chi ha letto il romanzo di Heinrich Harrier "Sette anni in Tibet" ed ha visto il film, conosce anche se de relato, il dramma di codesto grande e dignitoso popolo.

Tibetani i quali, lo rammentiamo per i cultori dell'esoterismo, detengono i segreti dell'immortalità e dell'Infinito ben più forse di altre tradizioni religiose: non è un caso che la sezione Ahnenerbe delle SS tedesche fu inviata negli anni trenta in Tibet, laddove vige tra i simboli fondamentali del buddismo, lo swastika quale segno di eternità solare (il nazionalsocialismo ne invertì il corso, fatalmente come sappiamo), intrecciato ivi con la stella salomonica a sei punte (magia verde). Il dolore più immenso è il tentativo da parte dei cinesi di cancellare culturalmente, religiosamente e documentalmente, l'identità medesima dei tibetani: un comportamento il quale, sebbene non cruento come quello vissuto dalla popolazione asiatica, è ben presente ai siciliani non inquinati da continentalismo...

E' infatti una battaglia per certi versi comune con il popolo siciliano: ravvisiamo diversi punti di collegamento fra le due stirpi. Entrambi vantano oltre duemila anni di civiltà, entrambi furono occupati e mai cancellati sia storicamente e culturalmente, entrambi soggiacciono ad influenze straniere. Noi fondammo il più antico Parlamento del mondo, ben prima di quello inglese (1130 le Curiae Generales di Palermo, 1264 quello di Londra...), insegnando l'arte politica all'Occidente; il Tibet custodisce la religiosità più arcana della Terra. Peggio di noi, il Tibet è stato militarmente e con la violenza occupato nel 1950 dopo la nascita della Repubblica Popolare; mentre la Sicilia, dopo la guerra separatista del 1943-46 combattuta dai giovani dell'EVIS e sostenuta ufficiosamente dal Movimento per l'Indipendenza della Sicilia, ottenne dalla traballante monarchia sabauda lo Statuto autonomista, figlio diretto delle Costituzioni del 1812 e 1848, nonchè vide tra i deputati dell'Assemblea Costituente che elaborò la Costituzione italiana, il fondatore del MIS On.Andrea Finocchiaro Aprile e altri rappresentanti del partito indipendentista siciliano. Noi scegliemmo di vivere in uno stato federale, attraverso lo Statuto siciliano parte integrante della Costituzione d'Italia sin dal 1948; il popolo del Tibet governato da Sua Santità il Dalai Lama, è stato vilmente occupato dall'esercito comunista della Cina e mai più liberato. Noi siciliani non invochiamo il ricorso al separatismo poichè l'applicazione dello Statuto nella sua interezza, e non parzialità, è il passo primario per la finale autodeterminazione del popolo di Sicilia; i tibetani devono uccidersi per dimostrare al mondo che desiderano tornare un popolo libero.

Significativa, come ogni azione simbolica, è la bandiera tibetana che qui si riproduce: il governo di Pechino la vieta perchè espressione "separatista", noi per fortuna abbiamo insite nella storia siciliana la bandiera giallo-rossa con la triscele, facente parte dello stemma regionale: e persino la bandiera di combattimento dell'EVIS è fregiata con i colori della Nazione Siciliana, prettamente normanno-aragonesi....e non già statunitensi (seppure ci fu negli anni d'oro chi ambiva alla federazione con gli USA).

La loro lotta merita rispetto e solidarietà. La libertà per cui si giurò in sacre sale, è la libertà scelta autonomamente dai popoli, contro ogni forma di tirannìa. "Bello è affrontar la morte, gridando libertà", così la cabaletta dei Puritani di Vincenzo Bellini. Dalla Sicilia al Tibet, è un inno alla sacralità del sommo arbitrio, nel particulare come nel politico, ovvero la scelta fra oppressione e autodeterminazione. Il Tibet lotta per tornare libero, e tutti i popoli e le persone che scelgono di "morire con la fronte rivolta al sole " (Josè Martì), sono al fianco dei martiri tibetani, del Dalai Lama e del ritorno del Tibet all'indipendenza.

F.Gio
 

martedì 2 aprile 2013

Con Francesco, e Benedetto, la Chiesa cattolica non sarà più la stessa






Con Francesco, e Benedetto, la Chiesa cattolica non sarà più la stessa

Abbiamo voluto attendere il compiersi dei riti della Settimana Santa, per commentare una Quaresima, codesta del 2013, che non si potrà più dimenticare, sia da parte dei cristiano-cattolici del mondo che dai popoli di ogni razza e religione e senza una fede: se è vero che la storia della Chiesa annovera rinunce al soglio pontificio, poche ma avvenute secondo regole consolidate (tra le ultime è la lettera di Bonifacio VIII che definisce le modalità delle dimissioni del predecessore, San Celestino V), nessuna era mai stata così universale come quella di Benedetto XVI. Egli non ha solo lasciato la "vigna del Signore", di cui si era immediatamente dopo l'elezione definito "l'umile operaio", ma ha anche precisato che sarà "Papa emerito", si chiama Benedetto XVI e non ridiventerà il Cardinale Ratzinger (mentre tutti in assoluto gli ex Papi dei secoli passati erano tornati a svolgere le funzioni da cardinali o da monaci), rimane dentro lo Stato del Vaticano (nessuno dei precedenti Papi era invece rimasto a Roma dentro gli stati della Chiesa) e come un qualunque professore universitario d'alto rango, del resto egli è stato docente all'Università di Colonia, assume il titolo di "emerito" e le funzioni connesse. Si fa anche chiamare "Sua Santità". "Emerito di molto merito", secondo il verso di quel toscanaccio del XIX che fu Giuseppe Giusti.

Per quel che concerne il nuovo Vescovo di Roma, che i giornali chiamano Papa, ma egli ha evidente irritazione per tale ruolo (la sera della elezione in diretta tv ha fatto comprendere che egli è tale, un Vescovo di una chiesa romana "che presiede alle altre", non più il Pontefice, come ancora l'ufficialità lo designa...e salutare a suo modo invece che col cristiano "sia lodato Gesù" è altro fatto emblematico...) essendo notoriamente avverso sia al curialesimo che alla liturgia tradizionale ed ai simboli connessi, eletto il 13 marzo col nome (unico anch'esso, e ci sarà una ragione per cui in quasi otto secoli nessun Pontefice lo ha mai scelto...) di Francesco, senza voler giudicare un uomo dai suoi atti precedenti, ma dai quali è evidente un signore di 76 anni è come logica vuole, potentemente influenzato, egli ha fatto comprendere subito il suo stile. La massa lo loda e lo apprezza, ma è un frangente di assoluta acriticità per cui in tempi passati, vedere due Papi accanto l'uno all'altro sarebbe stato uno scandalo per la gente, ignorante sì ma ben ferrata nell'Evangelo: oggi la più gran parte ha studiato, è stata in Università, ma è mònca della dottrina mistica e soprattutto esoterica del Cristianesimo cattolico, per cui anche "i due papi" sono occasione di spettacolo. Scena, come il video appositamente girato in occasione dell'incontro "storico", il 23 u.s.

Nel nostro intervento sul Papa nascosto al mondo, auspicammo l'avvento della vera povertà francescana nella Chiesa: non di un gattopardismo gesuitico. Si vedrà se il Vescovo di Roma Francesco vorrà davvero attuare il programma implicito di paupertas che inevitabilmente si lega al nome del poverello di cui, egli sacerdote della Compagnia di Gesù (sciolta nel 1773 dal Pontefice Massimo Clemente XIV, dell'Ordine Francescano...quel Papa non era scevro da considerazioni iniziatiche profonde...) ha ardito assumere il nome e rompere il tabù vigente, con i fatti. "Dai frutti li riconoscerete", ha affermato Gesù: i frutti dovrebbero essere la cancellazione ipso facto (il Vescovo di Roma che è anche capo dello Stato del Vaticano lo può fare con un semplice motu proprio, come nel 2007 Benedetto XVI dato che i Vescovi erano contrari, con tale documento ordinò senza preventiva autorizzazione, la celebrazione della Messa secondo il vetus ordo, ossia in latino) dello IOR, ovvero della Banca vaticana, entro le cui mura tutti sanno, e la Magistratura italiana più volte lo ha verificato, si svolgono sporchi traffici e riciclo di denaro illecito che nulla ha a che vedere con la sacralità del messaggio cristico. I frutti dovrebbero essere, e sarà qui la prova de facto del nuovo inquilino dei palazzi apostolici romani, non le prediche (di cui con tutto il rispetto, abbiamo stufe le orecchie...) contro la "sporcizia del peccato", ma gettare in pasto ai porci quelle bestie dei preti pedofili e violentatori, cacciarli dalla comunione della Chiesa, denunziarli alle autorità laiche prima ancora che lo facciano le traumatizzate vittime, mai più coprire codesti malati e invertiti; i frutti dovrebbero essere dichiarare (quantomeno, vista la dottrina della Chiesa in materia... oppure ammettere la realtà...) un errore l'autorizzazione data dal Segretario di Stato di Benedetto il Cardinal Bertone, di aprire al piano terra del palazzo di Propaganda Fide a Roma la più grande sauna gay d'Europa, come è emerso nei giorni della sede vacante, anche se la notizia è passata sotto silenzio. Chi si vuole che creda a chi predica bene e razzola così male? Si scelga l'Umiltà vera e non quella ostentata davanti alle videocamere di TV e internet, per pura scenografia. Se poi le masse che si accontentano di segni esteriori, i quali hanno sì un significato, ma invertito, credono sia sufficiente non abitare più negli appartamenti papali in Vaticano, come ha deciso Bergoglio, o rinunziare a stola e anello d'oro, questo potrà bastare ai farisei, non a chi crede sul serio. Del resto bisogna riconoscere al Vescovo di Roma venuto dall'Argentina che almeno è coerente: perchè dovrebbe assumere luoghi e funzioni papali, se egli si sente ancora e solo un Vescovo? Ma si dirà, il Papa è "l'altro".... il fatto è che "l'altro" si è dimesso però rimane lì, "emerito" ma presente.... Quis ut Deus? Quo vadis, Domine?

Le profezie di Fatima, manipolate ad arte dalle autorità ecclesiastiche e variamente trasmesse (si dice pure che colei che conoscemmo come Suor Lucia non sia stata la vera veggente ma una falsa monaca, poichè la vera sparì in un convento e nulla se ne seppe: una sostituzione di persona che se parrebbe assurda, non meraviglia, qualora raffrontata con lo scambio del XVIII secolo tra il falso Giuseppe Balsamo, impostore grossolano, e l'iniziato Alessandro Conte di Cagliostro, che vide la luce della mistica cavalleresco-massonica dal cappuccino-alchimista Altothas...), come quelle di La Salette e della monaca agostiniana Emmerich, affermano senza tentennamenti che l'eresia salirà ai vertici sommi della Chiesa, e il Drago provocherà scismi e sofferenze nei veri credenti. Sembrano avverarsi anche le famosissime predizioni di Malachia: dopo "Petrus romanus", che secondo alcuni fu il cardinal Bertone (Pietro Tarcisio, nato a Romano Canavese), "la chiesa sarà distrutta": e lo stravolgimento liturgico e dottrinario del nuovo Vescovo di Roma lascia esattamente vedere questo (anche se è vero che dopo il Concilio Vaticano II il Papa è un "primus inter pares", l'assise del 1965 non fu dogmatica, e sono stati i pontefici a spogliarsi dell'autorità, volontariamente). Si aggiunga che Bergoglio è stato eletto il 13 di un 2013, la ripetizione di tale numero è significativa, poichè nei tarocchi il 13 è, chi li ha studiati lo sa, l'unica carta senza nome: la Morte. Infine lo stemma: scelto sulla base di quello cardinalizio e cambiato dopo nove giorni, dal 18 al 27 marzo, perchè qualcuno in Vaticano ha fatto notare che il pentalfa non era esattamente mariano, sostituito da una stella a otto punte, e il nardo simile a uva o pigna rimaneggiato, rimane il simbolo gesuitico, più grande araldicamente degli altri, quindi filologicamente scorretto (ma ciò è evidentemente una sciatteria; come il regalo dell'icona della Madonna dell'Umiltà, a lui donato dal Vice Patriarca ortodosso di Mosca il 20 marzo e il 23 regalato al papa emerito. E nessuno dei due, si legge nel dialogo, dice di conoscere la Madonna dell'Umiltà, che crediamo invece sia nota anche a cristiani analfabeti... se in alto ci si comporta così, in basso non ci si meravigli...). Neppure ai tempi di Alessandro VI Borgia, la cui moralità era certamente discutibile, si misero in ombra le consuetudini e il ruolo papale: come ci ricorda quel laico che fu il grande contemporaneo Machiavelli: "Quei principi o quelle repubbliche le quali si vogliono mantenere incorrotte, hanno sopra a ogni altra cosa a mantenere incorrotte le cerimonie della religione, e tenerle sempre nella loro venerazione. Perchè nessuno maggior indizio si puote avere della rovina d'una provincia, che vedere dispregiato il culto divino" (Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio, cap.XI lib.I). E consigliava, per il bene dell'Italia che egli voleva unita, di trasferire il papato in Svizzera, poichè fonte di divisioni e di macchinazioni infinite.  Del papato come istituzione non personale e del suo disgregamento se ne comincia a parlare, per ora sottotraccia (abbiamo notato alcuni articoli editi su quotidiani e riviste, di teologi e studiosi), ma in seguito a ciò che succederà, sarà oggetto di ampie analisi. E' la fine del ciclo, dell'Alfa che si fonde nell'Omega? Certamente la Chiesa Cattolica di Francesco, e del vivente Benedetto, dei due Papi, non sarà più la stessa. Qualcuno ha pensato al disorientamento instillato, con queste immagini e con tale comportamento che potrebbe pure dirsi blasfemo, nelle menti e nei cuori dei veri pauperes, del popolo di Dio, dei cattolici senza nozioni che si chiedono come e perchè tutto ciò sia possibile?

E le conseguenze di questi atti, sono state valutate? Se è così, quale scopo nel bene e nel male si vuol raggiungere? Sono le conseguenze, come si afferma negli ambienti dei tradizionalisti e dei sedevacantisti (neppure loro avrebbero pensato a tali sviluppi oltre il velame...) del Concilio Vaticano II, dell'appiattimento e della collegialità dei Vescovi e della democraticità anarchica? "Non praevalebunt", ci si consola in alcuni ambienti. Sì, il Cristianesimo vivrà senza dubbio. Anche senza il papato unico. Anche se la figura del papato fosse abolita, come di fatto sta già accadendo. E medesimamente ci sarebbero i cristiani.

Ma sarà tutta un'altra musica: non Mozart, non Palestrina, non Vivaldi. Altri toni, altri autori.

Non è detto che ciò sia un male assoluto, per certi aspetti: anzi. Le gerarchie vaticane hanno sbagliato in passato a non tener conto dei cambiamenti della società e dovranno necesse est, adeguarsi o modulare le proprie dottrine ai tempi, se non vogliono passare, come passò il Papa emerito, per retrogradi. Necessitano aggiornamenti per i divorziati, per le coppie di fatto eterosessuali, tanto per citare delle situazioni delicate. E' giusto e si può comprendere. Il resto, no.

"Perciò vi dico: non vi preoccupate per la vita di quel che mangerete, nè per il corpo di che vestirete, perchè la vita vale più del nutrimento e il corpo più del vestito...dove infatti è il tesoro, ivi è anche il vostro cuore" (Lc.22-34). Questo è il pensiero dei pusilli, e infatti non ci preoccupiamo. Se una tradizione nata in Galilea e Giudea circa duemila anni fa, divenuta istituzione dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e potenza mondiale nel medioevo, si secolarizza e muore nel XXI secolo, non scomparirà certamente il messaggio dell'Unto di Galilea. Ben altre religioni, si pensi a quella dell'Egitto faraonico come a quella di Sumer, scomparvero dopo millenni. Però l'esoterismo di quelle Vie permane, dopo seimila anni. Rà, Isis e Osiris, Marduk non sono certo dimenticati. Rimarrà anche, lo insegnò quello scrittore finissimo che fu Joseph De Maistre, l'esoterismo cristiano e cattolico.

Le generazioni successive avranno un'altra Chiesa. Altri rimarranno liberi pensatori, esoteristi, cristiani e cattolici ancìent regime, anche se il Vaticano snatura e lento, inesorabile, scioglie nella melassa del tempo, la figura regale e cristica del Papato. Del resto, Pontifex Maximus era titolo, mistico anch'esso, dell'Imperatore di Roma. L'Impero è finito -e anche il latino-: non per tutti. V'ha chi sta con Boezio invece che con Odoacre. Unicuique suum.

F.Gio




Così benedice il Vescovo di Roma Bergoglio-Francesco nel XXI secolo....


Così benediceva il Pontefice Pio XII Eugenio Pacelli nel XX secolo, come ha fatto il Papa per duemila anni....sino ad oggi...