martedì 26 aprile 2011

Rivoluzione dei giovani in Africa e medio Oriente



Il risveglio delle genti ha motivi generazionali


La rivoluzione in Africa ed in medio Oriente è dei giovani


Le genti seguaci del Libro sacro del Profeta, stanno riscrivendo la storia eliminano i governi corrotti
e instaurando la democrazia delle piazze – Vecchiezza degli europei, ma prendere esempio -
 
"Quelli che tratteranno di menzogna i miei segni, e per superbia se ne allontaneranno, saranno i compagni del fuoco, in cui rimarranno in eterno" (Corano Sura VII, 34). Solo (1543) un secolo dopo la conquista turca di Costantinopoli, l’Europa colta prese a leggere il testo coranico nella versione latina (poi tradotta nelle varie lingue del continente): tale precisazione storica, è fondamentale per comprendere quanta distanza dalla forma mentis mussulmana –e nel mondo islamico, la forma del testo è sostanza- vi sia stata, nei secoli passati: e tale incomprensione continua, nell’apparentemente istruito mondo dell’Occidente. Mentre infatti assistiamo a quel sommovimento di popoli che il Presidente della Camera Gianfranco Fini ha correttamente definito "un nuovo 1989, paragonabile alla caduta del muro di Berlino", al risveglio rivoluzionario delle genti del nord Africa le quali, scrollandosi dal loro servaggio, depongono governi autocratici e dittatoriali, imponendo mercé il tramite delle piazze, le loro decisioni, l’Europa ammorbata dalle pestilenziali conseguenze della sua corruzione etica, assiste (ci riferiamo alle genti comuni, non ai governi, questi ben coscienti delle significazioni e delle implicazioni d’ordine politico internazionale che la stuazione comporta) quasi inerme, a tale gigàntico respiro di popoli giovani.
La chiave di lettura è infatti codesta, fra le principali: intesa comunemente come rivoluzione, quella delle nazioni nord africane e dell’Asia minore di religione islamica, avente motivazioni economiche (poiché la lente pseudo marxiana e meccanicistica della economìa non sa concepire altro…), la richiesta di Libertà che ha portato Tunisia Egitto, e poi Libia ed i paesi del Golfo (sino al santuario dell’Islàm, l’Arabia Saudita) a rovesciare o fortemente contestare le dittature che li gestivano, ha motivazioni nell’entusiasmo dell’età delle genti: piu della metà delle popolazioni di codesti stati, viaggia intorno ai 25-30 anni, e desidera non solo attingere ai benefizi della ‘democrazia occidentale americanizzata’, per intenderci superficialmente in tre parole, ma anche –pur non rinunziando assolutamente alla visione islamica della vita, come accade in Turchia, nazione che sarà presa ad esempio nel giusto frangente, dai governanti nuovi- gestire in prima persona il cambiamento, come è costume delle autentiche rivoluzioni. Sicuramente la transizione ha eliminato le classi di mezzo, responsabili della corruzione: il Capo della giunta militare al potere in Egitto, Hussein Tantawi, ha 76 anni; il nuovo capo del Governo tunisino Cadi Essebsi, ha 86 anni (come se da noi si eliminassero tutti i parlamentari e ci governasse il Senatore a vita Emilio Colombo… che però non può vantare la medesima trasparenza etica dei predetti!): dei ‘vecchi’ però moralmente indiscutibili, al timone di una massa di giovani. E’ la Storia che guida gli eventi. Dal magma dei giorni convulsi stanno emergendo ed emergeranno uomini nuovi, condottieri forgiati al verbo della tecnologia e della tradizione perfettamente coniugati, in questo XXI secolo, onde fungere da guida per le nazioni le quali religiosamente venerano la Parola di Allah e del suo Profeta, da noi citati all’inizio, nella coscienza illuminata di un cammino che li renda protagonisti e non piu sudditi, nel futuro che hanno innanzi ed a cui evidentemente guardano con rinnovata speranza, quanto da parte dei popoli d’Europa invece si fa con tristezza e scoramento.
L’età anagrafica tra le masse africane ed asiatiche mussulmane e le genti d’Italia, di Spagna, di Francia, di Germania, del Regno Unito, è un importantissimo spartiacque: i giovani hanno eu-thymòs, entusiasmo, spensieratezza e voglia di vivere e costruire: gli ultracinquantenni ed i ‘vecchi’ che compongono, all’inverso, le compagini delle nazioni d’Europa (Italia per prima), desiderano protezione dai governi, acquiescenza ed hanno paura del nuovo, dei rivolgimenti che non sannogestire; avversano per invidia generazionale quei giovani popoli, e li considerano con una punta di disprezzo, di genìa inferiore. Ma l’avvenire, lo insegnava già Benito Mussolini nella dottrina del Fascismo, è dei popoli che hanno con loro la fiamma della giovinezza (ciò anche a prescindere, non troppo tuttavia, dall’età), quindi il desidero di abbattere i tiranni e gli oligarchi i quali come sanguisughe sfruttano senza freni il lavoro ed il capitale umano delle genti, imponendosi e volendo migliorare nel privato come nel pubblico. Questi popoli hanno pure la fortuna di aver innanzi dei capi i quali li affrontano con coraggio: è dei giorni scorsi il gesto, davvero degno delle Storie di Tucidide, del nuovo primo ministro egiziano, che innanzi alle proteste dei Copti (dopo l’incendio di una chiesa seguito agli scontri innescati dal connubio di un cristiano con una musulmana), è personalmente sceso in strada ad incontrare, senza scorta e presidi, i manifestanti, facendosi ascoltare e guadagnando così sul campo quella credibilità che i predecessori, gente corrotta e chiusa nei palazzi blindati dònde depauperarono le popolazioni, perdettero ignominiosamente. Comportamenti da decenni non veduti in Italia, ed anche nelle vicine nazioni (se si eccettua il Regno Unito di Gran Bretagna, dove il Premier ha l’abitudine di andare al palazzo governativo in bicicletta, come tanti altri cittadini, e non solo per dare l’esempio…). Una canzone del ventennio ammoniva che "è il sangue a fare la storia, contro l’oro…": a tale verità stiamo assistendo in questi giorni. V’ha invero, nella congerie di interpretazioni e di commenti alla rivoluzione delle masse in Africa ed in medio Oriente, tra le letture sottotraccia, quella cospirazionista, che accusa i sempiterni USA di manovrare nel torbido onde sottomettere gli ingenui e farli cadere nella pània di quello che spregiativamente viene definito il nuovo "governo mondiale", ovvero la Sinarchìa. Ma tale angolatura, oltre ad offendere l’intelligenza degli uomini colti che albergano fra coloro che guidano le rivolte, ed in generale sottintendere una scarsa considerazione del mondo islamico, dimentica che il sangue delle genti versato per l’ideale della Libertà (sia pur essa una utopia o, come nel caso di Lafayette e Garibaldi, un sacro ideale da seguire in Francia e nelle Americhe), consacra il suolo che lo riceve, in un olocausto perenne, di cui secoli e secoli non cancelleranno mai le tracce. E’ altresì sufficiente leggere in controluce le mosse diplomatiche della attuale amministrazione Obama –come quelle ben piu attente ed oculate dell’inossidabile Foreing Office britannico- per rendersi conto di come gli stati a capo della coalizione Nato siano costretti a pronunciarsi, e ad intervenire, nei giorni della perdurante crisi politica e sociale che opprime i rispettivi stati. Può apparire la solita scappatoia –come la crisi petrolifera del 1973, oppure la guerra del Golfo del 1991- da parte degli USA, di svicolare dalle problematiche interne attraverso la guerra esterna ed il rinnovo dell’apparato militare: ma con la Cina in posizione di potenza espansionista (anche se al momento attendista ed in difficoltà nel mantenere il fronte interno, specie nel Tibet e nelle province ai confini còlla Russia, ferventi di moti secessionistici) e la Russia con poche sponde europee (tra cui il dilacerato governo italiano, nella sua infelice scelta di allearsi col primo ministro Putin scontentando i vertici finanziari e politici statunitensi: motivo per cui Berlusconi è da tempo inviso ai circoli ‘illuminati’ delle giurisdizioni sud e nord di Washington…), il caso delle rivoluzioni in Africa e nei paesi del medio Oriente, è il fatto nuovo ed entusiasmante del XXI secolo, a cui, presto o tardi, dovrà rispondere anche la piu sclerotica (politicamente), ingessata e nondimeno fondamentale, unica democrazia ‘occidentale’ presente nella regione: Israele. Di cui gli attenti avranno notato il silenzio e l’apprensione. Intendiamo attesa ed apprensione acute, non già paura o titubanza: i figli della grande Sion difenderanno, se ve ne sarà bisogno, la terra dei Padri sino all’ultima stilla del sigillo salomonico. Però, a parer nostro, il rinnovarsi dei governi viciniori non potrà non avere ripercussioni, che fidiamo positive in senso sociale, anche nella ‘eretz Israel’. Infne, nel sottolineare il ruolo dei militari nell’ambito della gestione spesso pacifica delle rivolte (ma anche negli scontri sanguinosi, come in Libia), si può affermare come in uno Stato che sia degno di questo nome, di là dalla data storica della sua nascita, le Forze Armate siano e debbano sempre essere, come nei momenti di estrema crisi si dimostra, il vertice del triangolo, la spina dorsale della Nazione, a cui il popolo può appellarsi se necessario, e da cui ricevere sicurezza garanzia ed aiuto. Anche in Italia fu così: nei tragici giorni della guerra sciaguratamente dichiarata e perduta, le nostre FF.AA. guidate personalmente dalla Maestà del Re Vittorio Emanuele III, pur crollando nei vari fronti per la caduta del fascismo e l’armistizio, conservarono attorno alla bandiera nazionale ornata dalla bianca croce sabauda, quel simbolo e segno dell’Unità italiana che dopo la liberazione del nord, si ricostituiva indiscutibilmente. Fu così: ma in momenti di necessità oggi, succederebbe altrettanto? Ne dubitiamo, però sarebbe da auspicarlo.
I popoli dell’Africa e dell’Asia minore, seguaci del Libro sacro, stanno scrivendo fulgide pagine della storia: sosteniamoli, ammiriamoli e, se è il caso e se ne abbiamo la possibilità, seguiamo l’esempio: "Per l’aurora e per le dieci notti… non hai tu veduto come ha agito il tuo Signore?…E tu, anima buona sicura della tua sorte, ritorna al tuo Signore, soddisfatta ed a lui accetta! Entra fra i miei servi, entra nel mio paradiso!" (Sura 89, vv.1-5, 27-30)
Barone di Sealand


(Pubblicato su Sicilia Sera n° 338 del 24 aprile 2011)

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