venerdì 9 aprile 2010

Salvare la lingua italiana dall'inglese

L’appello lanciato dallo scrittore Ceronetti

Salviamo la lingua italiana dall’invasione inglese!

Condividere non solamente ma anche combattere i barbarismi che infestano il glorioso
Nostro idioma – La velocità attuale ci può tuttavia far scegliere tra nostrani termini -
 
Par che nessuno voglia combattere: tutti sembrano arrendersi all’evidenza. Anche i governi, per bocca dei primi ministri (pardon, Premier…!), invitano al peccato… Qui si disserta dell’uso, sempre più smodato, della lingua inglese in luogo e surrogato della nostra italica favella. Sgomberiamo ab initio il campo da ogni equivoco: niun preconcetto si nutre da parte nostra contro l’idioma di Pope e di Whitman, anzi lo si ammira poiché, pur essendo povero grammaticalmente e contenutisticamente, proprio per ciò ha con forza contribuito a cementare quel che fu, ed ancora in gran parte è, l’Impero Britannico. E tuttavia, l’invasione è invasione: la si chiami con altri nomi, ma tale è. Se non si alza forte e chiara la voce, da parte di quei personaggi che decenni fa erano chiamati le autorità del mondo della cultura (o anime di Ungaretti, di Montale e di Quasimodo, senza epigoni, almeno dopo la morte non lontana di Luzi e di Davide Turoldo…), tutto pare vano, tutto sfuma nell’indistinto. O come potranno avere delle direttive i nostri giovini –non si fa nemmeno conto degli adulti, i quali corrotti da par loro dall’ultimo trentennio di libertarismo, sono praticamente irrecuperabili- se i vecchi, o coloro i quali un tempo univano l’età alla saggezza, non si inalberano per difendere il sacrosanto vessillo del nostro idioma?
E’ una battaglia che dalle nostre parti (Catania è, per dire di un mòtto di città settecentesca, "litteris armatur, armis decoratur") si dovrebbe ben conoscere, prima di affrontarla. Senza donchisciottismi inutili, ma anche con coraggio e lealtà. Alcuni, e son molti, sostengono che perseguire scientemente, a petto dell’imbarbarimento del linguaggio italico, non già una purità di stile (‘ché purità invero non vi fu mai), ma un corretto uso dei nostri vocaboli di contro agli stranieri, sia bieco nazionalismo, anticaglie di tristo passato: peggio, non sia ‘alla moda’. Ciànce, chiacchiere dei nemici della lingua. E se financo l’Accademia della Crusca, cioè l’istituzione prima che dovrebbe difendere e propugnare il giusto uso dell’idioma d’Italia, l’unico (forse…) che può serbare, in tempi di federalismo politico (il quale anticipa, affermano taluni, se non la secessione de jure, quella de facto), il senso etico della unità dei diversi popoli che la Patria nostra compongono e nel tricolore si riconoscono, dichiara la sconfitta effettiva (è assaj triste, come accade, udire l’attuale suo Presidente, in barba alle istanze del fu predecessore Giovanni Nencioni, asserire la commistione con l’inglese una necessità inevitabile…), i privati debbono svolgere la loro parte.
Non invocheremo le ombre del Tommasèo e del Fanfani, del Rigutini e del Biagi, né i maestri della lessicografia italiana del primo novecento, da Zingarelli a Palazzi: sia sufficiente l’appello, accorato ed appassionato come lui sa essere, di Guido Ceronetti, intellettuale libero nel più ampio senso del termine, traduttore insuperabile (la sua versione del Cantico dei Cantici è a dir poco splendida) e poeta in prosa. Egli, sia nel settembre 2007 che nel gennaio di quest’anno, in due articoli –apparsi sul Sole 24 Ore e sul Corriere della Sera- ha invitato tutti gli uomini di buona volontà ad alzare le barricate contro l’invadenza irrefrenabile dell’inglese nella nostra lingua, ed a combattere senza paura questo conflitto. Trascriviamo un brano del suo pensiero: "Bandiera bianca al vento, nessuna traccia di Termopili ! La grande lingua definita da Leopardi ‘onnipotente’ (esagerava un po’, ma era amore) eccola presa a botte e pesci in faccia da franchising, joint venture, business, leasing, tour operator, jogging, privacy, marketing, full immersion, low cost, deregulation, talk show, reality show, imprinting, screening, scannering, star system, rockstar e poi metà delle cose sono hard e soft l’altra metà… L’Unione europea spiana ogni ostacolo all’occupazione dell’inglese e abbandona le lingue patrie… La guerra all’inglese, all’anglofonia d’occupazione, all’americanofobia tecnologica, all’angloegemonia che implacabilmente va stritolando le lingue dell’Europa continentale e seppellendo in sabbie mobili senza ritorno la meno reattiva di tutte : questo italiano nostro di penuria, analfabetizzato, stupidamente arreso all’angloamericano, sparlacchiato male da giovani linguisticamente rammolliti, obbligato al servilismo bilinguistico da governi, come l’attuale, che deliberatamente lo vogliono subordinato (…) La diseducazione linguistica conduce dritto all’indifferenza a tutto: valori etici, culturali, religiosi del luogo dove ‘la casa dell’essere’, il linguaggio in cui lo spirito della lingua si incarna, patisce scala Richter al settimo, tanto che varrà meglio, per vivere in Italia, imparare inglese basico, pessimo ma apriporta dovunque… Una lingua materna non è surrogabile da una sussidiaria, imposta con prepotenza. E’ in vista una diffusa confusione mentale. Alzate senza paura barriere linguistiche" .
Tale pensiero condensa mirabilmente, da un punto di vista ‘laico’, quel che pure il Papa ha in qualche modo affermato di recente: il relativismo, l’indifferentismo che conducono alla mancanza di senso etico e quindi ai più turpi delitti, nella nostra società hanno evidenza massima nell’abbandono dell’orgoglio linguistico nazionale, a fronte della invasione barbarica dell’inglese. E sì che la nostra lingua, come può evincersi anche da una breve scòrsa al dizionario dei Sinonimi (del Tommaseo, sempre: lui, e non altri, è in ogni caso la bussola, ancòr oggi), ha mèsse abbondante di locuzioni, di aggettivi, di sostantivi da risultare anche troppo ricca. Ma dechinare allo straniero "è sudicia cosa", tanto quanto le voci superflue. E se negli anni Sessanta l’ottimo Aldo Gabrielli, nel Dizionario Moderno, e prima di lui il brillante Alfredo Panzini nel volume omonimo, con attenzione ed un pizzico di ironia e timore precisavano esser le loro opere una ‘giunta’ ai correnti vocabolarii, oggi la situazione si è caoticamente confusa, di là dall’essersi invertita. Quale strategìa ‘militare’, dunque? Non vediamo altra soluzione che quella delle oasi: coltivare sin dalla cùlla delle civili società, ovvero dalla famiglia (tradizionale, allargata, commista come che sia, ma famiglia secondo lo schema se si vuole pitagorico cristiano: uno, due, tre, "maschio e femmina li creò": oltre, è il bujo) l’amore indefesso, pedissequo per il natale idioma; vigilare attivamente perché quest’ultimo sia rettamente applicato nelle scuole primarie e secondarie, dagli insegnanti (è compito dei genitori, ove questi siano all’altezza); infine attendere i frutti, che inevitabilmente verranno. Secoli furono impiegati per passare dal latino diremmo quasi aulico a quello maccheronico alle prime forme di volgare idioma (che, è bene rammentarlo, còlla Scuola poetica Siciliana nacquero nell’isola nostra), per cui la battaglia è lunga. Oggi Internet ed i mezzi di comunicazione di massa obbligano alla velocità ed alla concisione,anche nel linguaggio: ci si può adeguare, a condizione che si scelgano le alternative. E la nostra lingua d’Italia, per grazia divina, è abbondante cornucopia di felici frutti. Almeno ivi non vi è, come in altri ambiti, trista penuria. Si attinga a piene mani, e bàndo agli idiomi che non appartengono al nostro azzurro cielo.


Barone di Sealand, ovvero Francesco Giordano


(pubblicato su Sicilia Sera n°327 del 4 aprile 2010)

Lo Scià Reza Palhavi, innovatore calunniato

Dopo gli ultimi avvenimenti in Iran

Lo Scià di Persia, un innovatore ancora calunniato

Degli eventi che turbano la tranquillità della grande Nazione asiatica si dànno in Occidente interpretazioni
distorte e volutamente alterate – La socializzazione di Reza Pahlavi e quella dell’attuale governo -


Una delle recenti dichiarazioni del capo della opposizione al governo dell’Iran, il politico Moussawi, è che l’attuale presidente di quella Repubblica, Ahmadinejad, ed i suoi vertici, costituiscono un governo "peggiore di quello dello Scià"; di conseguenza, le TV di molti stati dell’occidente, hanno rapidissimamente trasmesso alcune vecchie immagini dell’ultimo sovrano dell’allora Persia, deposto dal colpo di stato di Khomeini, come è noto, proprio trentuno anni fa, e di cui quest’anno ricorre il trentennale della morte, in esilio, in terra d’Egitto che lo ospitava. Al fine di meglio comprendere tali affermazioni, del resto formulate da un uomo, il Moussawi, che fu primo ministro durante gli anni del regime khomeinista, ora a capo del movimento di protesta che sin dall’anno scorso turba l’ordine pubblico iraniano, in vista di maggiori libertà politiche che il governo è ben lungi dal concedere –avendo anzi già comminato delle condanne a morte per i tumulti degli scorsi mesi, in virtù della legge vigente-, è importantissimo sapere che, della popolazione iraniana odierna, i tre quarti nasce dopo il golpe del gennaio-febbrajo 1979, quindi non ha vissuto durante la monarchia, serbando di essa pertanto il ricordo indiretto e mediato che gli organismi del regime han voluto trasmettere. Da alcuni millenni, la stirpe dell’Iran è tra le migliori, per intelligenza finezza e coraggio, di tutto l’orbe: ma il governo khomeinista ha senza dubbio alcuno manipolato a piacimento i manuali scolastici e didattici, amplificando nei giovani l’interpretazione del governo autocratico di Mohammad Reza Pahlavi quale la quintessenza della tirannìa. E però, le proteste violentissime che negli ultimi tempi si manifestano contro il duro governo del Presidente Ahmadinejad, ispirato fortemente dalla guida spirituale religiosa della nazione, l’ayatollah Alì Khamenei, uomo colto e di sottile ingegno, inducono a dedurre che la istruita e non fanatica classe giovanile iraniana ha in certo senso attinto dal messaggio che dall’Occidente proviene, principalmente attraverso la rete Internet, mediato tuttavolta dalla propria storia del XX secolo, la quale fu intieramente sotto il segno della modernità e dell’equilibrio orgoglioso e costante fra le allora potenze dominanti, allo scopo (obiettivo, come si vedrà fra poco, serbato nelle grandi linee dal regime attuale) di proseguire una politica di autonomìa negli aspetti fondamentali di una comunità statale d’oggi, ossia nella autosufficienza energetica, economica, politica.
Che codesti principi siano stati primariamente realizzati dallo Scià Mohammad Reza, è proprio la storia dell’Iran, allora Persia, a dirlo senza dubbi o tentennamenti. Nel 1980, trenta anni fa, appena deposto e già malato terminale di cancro (si spegnerà nel luglio di quell’anno, ospite dell’amico fraterno Sadat: il quale morirà assassinato l’anno dopo), lo Scià vergava un libro che oggi appare, a nostro avviso, riletto alla luce degli avvenimenti odierni, affatto profetico: "Risposta alla Storia". In questo testo, l’uomo che era stato nell’ultimo lustro vituperato senza pietà dai giornali e dalle tv dell’Occidente, quale massimo responsabile dell’oppressione del suo popolo -dopo esser stato dalla medesima opinione pubblica manovrata dalle informazioni ‘drogate’, negli anni Cinquanta e Sessanta, esaltato quale fautore della modernizzazione iraniana: un ‘copione’ che abbiamo tristemente veduto in replica con il Presidente iracheno Saddam Hussein- , spiegava nella immediatezza dei fatti, le attività squisitamente politiche, economiche e sociali che permisero alla Persia ed ai persiani di divenire, in pochi decenni (dopo la fine dell’ultima guerra ed il suo avvento al trono, in seguito alla abdicazione del padre Reza Scià, fondatore della dinastìa Pahlavi che si rifaceva agli Achemenidi, Ciro Serse e Dario), una nazione moderna, con infrastrutture paragonabili a quelle dell’Europa e delle Americhe, e soprattutto il suo obiettivo di indipendenza energetica dai due blocchi all’epoca contrapposti, divenendo il leader di quegli stati che allora si chiamavano Paesi non allineati.
Lo Scià era un uomo personalmente e fondamentalmente buono, educato all’occidentale ed il cui animo era denso di spiritualità autentica, aliena dal fanatismo religioso dei mollah e degli ayatollah i cui privilegi egli sempre combatté (famosa la legge degli anni Sessanta, nell’ambito della nota ‘rivoluzione bianca’ che sanzionò le riforme modernizzatrici dopo il fallito colpo di stato di Mossadeq che desiderava prenderne il posto, la quale confiscava le innumerevoli proprietà fondiarie di manomorta delle moschee, appannaggio dei religiosi, onde distribuirle ai contadini, secondo il sistema sociale della economia di collettività: sistema oggidì applicato in Bolivia dal Presidente Chavez, non a caso criticatissimo in Occidente): a sessanta anni, dopo una vita anche intrisa del più sfavillante glamour (il secondo matrimonio, da favola poi trasformatasi in triste, còlla Principessa Soraya che non riescì a donargli un erede, col successivo ripudio di costei fra le lacrime di entrambi, divenne una delle più grandi storie di feuilleton dei giornali d’Europa negli anni Cinquanta e Sessanta, particolarmente in Italia nazione molto amata dal Sovrano ed anche da Soraya, il cui amore per l’ex marito non cessò mai di manifestarsi, fino a che ella visse), poteva ben profilarsi come il capofila di un nuovo mondo non sottomesso al potere del denaro (perché ricchissimo di suo), primo produttore mondiale di petrolio attraverso la Snip (nel 1977 la compagnìa statale era, secondo il periodico Fortune, più avanti della Exxon e della Shell), nonché concreto attuatore della autentica politica che avrebbe conciliato capitale e lavoro, superando l’aporìa insulsa ed inaccettabile nella scelta fra capitalismo o marxismo.
Lo Scià aveva infatti sin dal 1963 attuato la distribuzione agli operai degli utili delle imprese, facendoli diventare compartecipi della economìa nazionale, concretandone l’attuazione attraverso l’ingresso della maggioranza del capitale, con legge dello stato, nel 1975. Egli ben lesse e meditò il programma mussoliniano della RSI, quello della socializzazione, che il Duce non poté attuare perché troppo tardivo: e lo mise in pratica. Così scriveva: "… una delle leggi più avanzate del mondo, grazie alla quale l’operaio partecipava agli utili dell’impresa. I padroni dovevano firmare un contratto collettivo con i delegati aziendali o con il sindacato di maggioranza, prevedendo l’assegnazione di premi proporzionali alla produzione… inoltre i lavoratori partecipavano a pieno titolo agli utili netti…la Banca per i lavoratori, fondata particolarmente per la concessione di prestiti ai lavoratori dipendenti, contribuì alla fondazione di svariate centinaia di cooperative di credito operaio… praticava un interesse annuo del 4%… nell’agosto 1975 tutte le unità di produzione private esistenti da oltre cinque anni dovevano vendere il 49% delle loro azioni ad operai ed impiegati. L’industria statale di recente creazione doveva distribuire il 99% delle azioni prima tra i propri operai e impiegati, poi tra quelli di altre imprese, infine tra i contadini… stavamo dando un esempio di collaborazione tra operai, tecnici e datori di lavoro… oltre gli agitatori professionisti di fede marxista e il capitalismo da combattimento" (in Risposta alla storia, cap.IV). Era la cosiddetta ‘terza via’, equilibrio supremo e sublime per l’armonìa sociale tra le precedenti ideologìe, che solo un uomo di grandissima intelligenza ed elevata volontà come lo Scià Mohammad Reza, realizzando i sogni di chi lo precedette, poteva realizzare. Le industrie statali erano messe in vendita nell’ottobre 1978: proprio prima di allora scoppiarono i tumulti inarrestabili che pochi mesi dopo portarono all’esilio dello Scià, al ritorno di Khomeini (che il Sovrano aveva generosamente graziato dopo un fallito putsch nel 1963: altra analogìa col regime mussoliniano…) ed alla instaurazione della Repubblica islamica, i cui maggiorenti bloccavano immediatamente le leggi laiche del precedente governo, conservando i privilegi feudali.
Trenta anni tuttavia non sono trascorsi invano, se oggi alcuni dei provvedimenti, che definiamo senza dubbio autarchici, assunti negli anni anzidetti dal governo dello Scià (che ebbe nondimeno il difetto di basarsi sul partito unico, sulla fiducia personale in uomini che lo tradirono, e di non aver istituito un organismo di forte interscambio sociopsicologico còlla popolazione minuta, sobillata e manovrata dagli imam delle moschee), come l’energìa nucleare per scopi di arricchimento energetico (di là dalla legittima difesa personale della Nazione), la promozione della istruzione già obbligatoria per tutti, alcuni provvedimenti di economìa sociale come il lavoro obbligatorio, sono stati fatti propri, seppur con nomi e forme diverse, dall’attuale governo del Presidente Ahmadinejad –il quale non a caso riscuote di amplissimi consensi- ; le forme di protesta sobillate, come si è anche evidenziato, da agenti dell’Occidente, in particolare della Gran Bretagna che da cento anni trama fra le montagne iraniane per controllarne le ricchezze, non possono far dimenticare anche l’accordo colla Cina (politica anch’essa perseguita dallo Scià, che era già stato apprezzato ed aveva avviato collaborazioni coll’allora capo del PC cinese Hua Guofeng, come col leader romeno Nicolae Ceausescu ed il Maresciallo Tito: pur essendo assaj vicino agli Stati Uniti del Presidente Nixon), col quale il governo attuale di Teheran ha due anni fa stabilito una concessione ventennale di fornitura di gas naturale al colosso cinese: e questo governo ne garantisce, come è ovvio, la vitalità.
Pertanto leggere alcune dichiarazioni di oppositori all’attuale regime in virtù di critiche ad un passato, per molti in Occidente obliato, è non solo fuorviate ma frutto di (voluta e scientificamente attuata) disinformazione, di cui son colpevoli i giornali, le tv complici ma che risale in primis ai finanziatori politici ed economici semi-occulti, i cosiddetti poteri forti economici e finanziarii. A questo gioco sporco noi non ci prestiamo, ristabilendo i tasselli del mosaico nel loro giusto luogo, nonché, nel difendere il diritto inalienabile del popolo iraniano alla propria sovranità ora minacciata da sobillazioni esterne (le tristi, recenti e dichiarate, dalla stampa di Teheran, "servili" dichiarazioni del Presidente Berlusconi contro l’Iran, sono quanto di più errato oggi si possa affermare in materia), ricordiamo con commozione la figura splendida di uomo, illuminato da una Luce che mai non tramonta (Mohammad Reza era iniziato, come si sa, alla Frammassoneria), che fu lo Scià di Persia, commemorandolo còlle sue ultime parole di tolleranza, di fratellanza, di grandissima umanità: "Prego per i milioni di senza lavoro. Prego per coloro che hanno perduto ogni cosa. Prego per coloro che soffrono in silenzio e per coloro che, laggiù, soffrono. Prego per coloro che rimangono accecati dalla menzogna e dall’impostura. Che Dio li illumini e strappi per sempre l’odio dal loro cuore".
E’ un messaggio di amore, quest’ultimo dello Scià, che non ha tempo né spazio, il cui valore si staglia limpido nei cieli in ogni dì baciati dai raggi dell’astro che tutto vede, che ogni pagina legge, che fugge le tenebre e corre verso l’insondabile via.


Barone di Sealand, ovvero Francesco Giordano


(pubblicato su Sicilia Sera n°327 del 4 aprile 2010; nella foto, S.M. Reza Palhavi e l'Imperatrice Farah Diba, in un momento felice)

venerdì 2 aprile 2010

Gli angeli, nostri amici


Gli angeli, in un primo momento ritenuti come personificazioni della volontà di Dio e poi come componenti di una schiera del cielo e di una corte, furono raggruppati in diverse classi o gerarchie :Cherubini, Serafini, Troni, Dominazioni, Principati, Potestà, Virtù, Arcangeli, Angeli. Secondo i teologi medievali questi sono delle Intelligenze motrici che pur risiedendo nell'Empireo, estrinsecano la loro azione soltanto sui nove cieli sottostanti in modo che ogni cerchio luminoso agisce su uno dei cieli; questi a loro volta manifestano i loro influssi sulla terra. Provengono dall'Antico Testamento gli arcangeli ( Raffaele, Gabriele, Michele) che sono i più vicini a Dio; e così pure le categorie speciali dei Cherubini e Serafini. Eppure essi radicati in tutte le religioni della terra sono stati raffigurati dal cristianesimo come degli esseri muniti di ali, influenzati molto probabilmente dalle antiche sculture orientali, i quali rappresentavano figure umane alate come personificazioni di geni e creature sovrannaturali. Intorno al secolo IV fecero la loro comparsa immagini di angeli con nimbo e ali, fanciulli vestiti di bianco che hanno in mano la bacchetta del messaggero, gigli, rami di palma, spade fiammeggianti per combattere il diavolo, incensieri, bandiere o trombe per annunciare il giudizio universale. Nel medioevo e nel primo rinascimento gli angeli vengono sempre più raffigurati come androgini e fanciulle. Si afferma nel XII secolo la tendenza a raffigurare gli angeli in particolare con teste alate (indice di non corporeità e nella veste di fanciulli (innocenza). Tale tendenza trova successivamente la sua definitiva manifestazione idilliaca nei putti angelicati tipici del barocco. Infine nel secolo XIX si sviluppò la propensione a raffigurare l'angelo custode di ogni persona e in particolar modo dei bambini. Entrare in contatto con il divino messaggero angelico ,ed approfondire tale rapporto, significa intraprendere responsabilmente un lungo cammino che concerne Dio, poichè gli angeli sono riflessi divini,specchi, come diceva Dante,che riflettono la luce stessa di chi ha creati e la moltiplicano all'infinito; (Paradiso. XXIX. 136 sgg.,). Allora l'angelo custode guarda la nostra realtà secondo una prospettiva libera dai condizionamenti dello spazio e del tempo, che a loro volta comprimono la nostra esistenza fino a sopraffarla ed inquinare la nostra obiettività. Essi dunque ci sono superiori, nella scala evolutiva, nella stessa misura in cui noi lo siamo rispetto agli animali. L'angelo interviene nella nostra esistenza nel momento in cui lo desideriamo intensamente con tutto il cuore. L'esempio migliore che vi posso dare per avere l'idea di cosa sia avere un angelo in cui credere è che quando voi non siete innamorati, sedurre una persona è una grande fatica. Mentre quando lo siete, le persone sono certamente attratte da voi perchè sentono la vostra energia. Nel momento in cui deciderete di aprirvi al regno spirituale, il vostro rapporto con il mondo non è più limitato agli altri e a se stessi, ma diviene tridimensionale, aprendosi ad una terza dimensione, quella degli angeli, e la vostra vita cambia e diventa più facile. E il mezzo per permettere all'amico celeste di aiutarti sono le preghiere. Difatti sotto il nome dell'angelo custode di ogni persona sono indicati concretamente i doni e i poteri che egli accorda a chi li chiede, giacchè l'angelo va verso l'uomo quando egli va verso l'angelo. A tale scopo esistono delle preghiere che la tradizione ha consacrato per ogni angelo, e qualora si volesse approfondire il discorso si può invocare e pregare l'angelo che ha presieduto il giorno della nostra nascita e che presiede il giorno del nostro compleanno. Egli è il nostro angelo del giorno ed è molto benefico per tutto quello che concerne la nostra vita sentimentale, le nostre amicizie, i nostri amori e le nostre emozioni. Inoltre vi è l'angelo detto delle missioni che governa i venti minuti durante i quali siamo venuti alla luce. I doni e i poteri accordati da tale angelo nel corso dei venti minuti della sua reggenza si estendono lungo l'arco delle ventiquattrore della giornata per influenzare beneficamente le nostre capacità intellettuali e la nostra intelligenza. E' necessario invocare quest'angelo i venti minuti della sua reggenza al fine di capire le cose con chiarezza Tali esseri fatti di luce si manifestano in vari modi: vi descrivo una esperienza angelica avvenuta sulla montagna di Medjugorie all'incirca tre anni or sono; sul far della sera una signora scendeva a valle dopo aver visitato quei luoghi santi, la discesa era abbastanza ripida e non aveva con sé una torcia che le avrebbe facilitato il cammino, cosicchè la signora entrò nel panico temendo di non farcela da sola. Allora confidando totalmente nella Madonna, chiese l'aiuto del suo angelo custode, ben presto con suo grande stupore ella si accorse di essere stata sollevata e di aver ormai raggiunto il luogo più sicuro e fuori pericolo. Fu allora che un giovane molto alto, vestito in abiti europei, apparve di fronte a lei in silenzio; la signora lo ringraziò molto sentitamente per l'aiuto prestatele. L'uomo, che difficilmente era già stato lì prima di allora, l'aveva soccorsa in un'area difficile da attraversare e poi, senza una parola con un sorriso abbozzato,era svanito.


Claudia Rita Grasso